La ricercatrice Sara Lazar nel 2005 comincia a fare le prime scoperte significative sui benefici neurali della meditazione. Dai risultati emerse che il cervello dei meditanti presentava un ispessimento corticale in alcune aree fondamentali nella percezione del proprio corpo e nelle abilità attentive. Pochi anni anni dopo, gli studi di imaging sui cervelli si moltiplicheranno e confermeranno questi stessi risultati, ovvero un ingrossamento di specifiche aree neurali come:
- Le aree somatomotorie che vengono coinvolte nelle sensazioni tattili e nella percezione del dolore e quindi fondamentali per la propriocezione e la consapevolezza corporea
- L'insula che presiede alla sintonizzazione con il nostro stato interiore e all'autoconsapevolezza emotiva
- Alcune regioni della corteccia prefrontale coinvolte nei processi attentivi
- Alcune aree della corteccia cingolata che si attivano nei processi di autoregolazione
- I circuiti di autoregolazione della corteccia orbitofrontale
Questi dati non vanno interpretati semplicisticamente come se la meditazione facesse "crescere il cervello" ma come la capacità della pratica meditativa d' incrementare la girificazione corticale ovvero il ripiegamento alla sommità della neocorteccia che, di conseguenza, agevola tutta una serie di funzioni, facilita la sincronizzazione di alcune aree cerebrali e potenzia alcuni circuiti neuronali fondamentali nella gestione sana dello stress e ritarda l'invecchiamento cellulare.
Mindfulness e invecchiamento
Uno studio della ricercatrice Eileen Luders pubblicato nel 2016 sulla rivista NeuroImage, dimostrò l'utilità della meditazione nel rallentare i processi d'invecchiamento nel cervello degli anziani, ritardando il normale restringimento dovuto all'età: i cervelli dei meditanti di vecchia data a cinquant'anni, sono più giovani di 7,5 anni rispetto ai cervelli dei coetanei non meditanti. Infatti rimanendo costanti nella pratica meditativa, si preserva il cervello contrastandone l'atrofia.
Come abbiamo già spiegato in altri articoli, la Mindfulness ha un impatto epigenetico associato ad un aumento dell'attività della telomerasi, un enzima che rallenta l'accorciamento dei telomeri (le regioni terminali dei filamenti di DNA nelle cellule) da cui dipende la durata della vita di una cellula: più i telomeri sono lunghi, più lunga sarà la vita di una cellula. I telomeri favoriscono la stabilità genetica, sembrano svolgere un ruolo molto importante nell'invecchiamento cellulare e nelle malattie, essi si accorciano naturalmente a ogni replicazione cellulare e la loro lunghezza può servire per determinare l'età biologica dell'organismo: generalmente più un organismo è sotto stress, più i telomeri si accorciano, favorendo lo sviluppo di malattie legate allo stress e all'età.
Mindfulness e respiro
Inoltre la pratica regolare della meditazione ha un effetto importante anche sulla qualità e sul ritmo del respiro come spiega uno studio di Joseph Wielgosz nel 2016 condotto nel laboratorio di Richard Davidson: i meditatori esperti respiravano più lentamente, facendo in media 1,6 respiri in meno al minuto rispetto ai non meditatori della stessa età e sesso. Questa differenza nella velocità attesta che i non meditatori eseguono più di 2000 respiri extra nell'arco della giornata e quindi più di 800.000 respiri in eccedenza nel corso di un anno con un conseguente costo fisiologico nettamente superiore a quello a cui vanno incontro i meditatori.
Il respiro dei meditanti di lunga data diventa infatti progressivamente più lento e ciò comporta un miglior umore, una migliore autoregolazione psico-affettiva e in generale, una migliore salute. Non a caso nei percorsi MBSR, le prime pratiche che vengono apprese riguardano proprio il contatto con il respiro e con le sensazioni ad esso connesse. Sicuramente la Mindfulness rappresenta una grande potenzialità per il nostro benessere psicofisico ma non va intesa come una panacea per tutti i mali, a questo proposito vorrei riportare una riflessione importante fatta da due tra le maggiori autorità nell'ambito degli studi sulla Mindfulness come Richard Davidson e Daniel Goleman nel loro libro "La meditazione come cura": " L'MBSR e altri metodi simili possono ridurre la componente emotiva della sofferenza causata dalle malattie, senza però curare queste ultime. Ciononostante,l'addestramento alla Mindfulness - praticato anche solo per tre giorni - porta ad una riduzione a breve termine dei livelli delle citochine proinfammatorie, le molecole responsabili dell'infiammazione; e quanto più a lungo viene praticata, tanto più questi livelli scendono"