Vivere dei momenti di tristezza o infelicità è un'esperienza tanto naturale quanto comune tra noi esseri umani, ma in alcune circostanze un po' di malumore può finire per attivare un processo a catena che ci fa ripiombare in ricordi spiacevoli, emozioni negative e autogiudizio.

A volte può capitare di sentirci un po' tristi, irritabili, irrequieti e di trascinarci questo stato d'animo per tutto il giorno o addirittura più a lungo, ma molto spesso ciò che fa persistere questo scenario non è tanto l'umore in sé, quanto invece il modo in cui si reagisce all'umore:

il nostro tentativo di sbarazzarci quanto prima di quell'attimo fastidioso d'infelicità, non gradito e non contemplato nel modello di vita che desideriamo adottare o che ci aspettiamo da noi stessi, oppure la ricerca frenetica della possibile causa della nostra infelicità peggiorano la situazione perché, più ci si ostina ciecamente a liberarsi di quella condizione, più questa ci risucchia. Come nelle sabbie mobili: più ci si dimena, più si affonda!

 

L'effetto della ruminazione mentale

In realtà questo è un fenomeno del tutto naturale per noi esseri umani perché istintivamente, quando viviamo un momento di tristezza, siamo propensi a ragionare sulle cause di questo disagio e a trovare una soluzione. Il problema però è che, altrettanto naturalmente, durante questo processo può capitare d'imbattersi in vecchi ricordi di situazioni simili, di rievocare stati d'animo correlati, incontrare rimpianti, delusioni del passato o addirittura entrare in meccanismi di ragionamento che ci proiettano nelle preoccupazioni per il futuro, nei timori per la nostra vita in generale. Quando entriamo in questa modalità di analisi e di ricerca delle cause e delle soluzioni, se non riusciamo ad interrompere o a dare una sterzata al processo, allora rischiamo di sentirci giù proprio perché cercavamo ad ogni costo di tirarci su e non abbiamo trovato il modo di farlo.

Subentra allora uno stato di frustrazione e delusione verso noi stessi, verso la nostra vita che non è come vorremmo, che ci sembra più infelice o sfortunata di quella degli altri e cominciamo a paragonarci alle persone che ci stanno intorno, a sentirci inadeguati, talvolta incapaci fino a venire risucchiati in un vortice di autocommiserazione che, attraverso la nostra mancata accettazione del momento presente, aggiunge fastidio, rabbia o dolore non necessari all'esperienza che stiamo vivendo, in sé già abbastanza complicata .
Nell'attivazione di questo circuito ruminativo giocano un grande ruolo la memoria e le marche di contesto.

 

La memoria e le emozioni

Quando sfoderiamo questo repertorio comportamentale finalizzato alla sopravvivenza, la memoria assume un ruolo centrale. Questa modalità di reazione alle difficoltà che sfocia spesso nella ruminazione mentale, tuttavia ha garantito l'evoluzione della specie ma, considerando la complessità dell'epoca moderna, rischia di diventare disadattivo e grande fonte di stress se non viene compreso e reindirizzato.

Quando ci mettiamo ad analizzare l'ipotetica causa della nostra attuale infelicità, la mente comincia a cercare tutti quei ricordi e quelle situazioni in cui abbiamo sperimentato lo stesso stato emotivo-affettivo allo scopo di rintracciare anche l'eventuale soluzione che, in passato, ci ha consentito di superare quel momento. Per esempio se ci sentiamo minacciati e proviamo paura, la nostra mente andrà a scovare nel serbatoio della nostra memoria tutti quei ricordi in cui ci siamo sentiti in pericolo. Inoltre cercherà d' individuare le somiglianze tra le due circostanze ma anche la via di fuga trovata all'epoca e quindi divenuta una strategia per noi già consolidata.

Il problema è che, mentre siamo alla ricerca di questa eventuale soluzione, il nostro corpo e la nostra mente reincontrano lungo la strada e ricontattano tutte quelle sensazioni, emozioni e stati d'animo negativi collegati al malessere e che di conseguenza amplificano ancora di più il nostro disagio perchè si sommano alla sofferenza che già stiamo vivendo.

Quando accade ciò, concretamente il nostro corpo potrebbe accussare maggior tensione, contrazione, irrigidimento,stanchezza e la nostra mente potrebbe diventare più diffidente, sfiduciata, giudicante e chiusa ad intravedere vie d'usicta alternative.

 

Il contesto e le emozioni

Anche il contesto ha un grande potere evocativo sulla manifestazione di queste risposte psico-affettive perché è in grado di riattivare alcune memorie specifiche e correlate a quello specifico contesto. A volte basta tornare in un luogo ben preciso, ascoltare una canzone, captare un odore particolare o assporare un gusto antico che le nostre memorie si risvegliano tanto da poter rendere vividi non solo ricordi piacevoli ma anche spiacevoli, con conseguente malinconia, tristezza, nostalgia o dolore. Il problema è che anche il nostro umore può fungere da contesto per noi ed ecco che basta un momento di ansia, nervosismo, malinconia, tristezza che questo stato apparentemente passeggero può trasformarsi in un innesco di ricordi dolorosi, emozioni negative, pensieri autocritici che ci scaraventano in quella condizione persistente di vissuti sgradevoli di cui abbiamo parlato sopra.

 

Come la Mindfulness argina il pensiero ruminativo

Prorpio perché si tratta di un'abilità fondamentale di sopravvivenza, non possiamo bloccare questo nostro comportamento di attivazione di fronte alle difficoltà , ma fortunatamente possiamo fermare ciò che accade dopo, evitando di essere risucchiati in quel vortice di pensieri negativi e proliferazione mentale che sono alla base dei vissuti ansiosi e depressivi.

La Mindfulness ci aiuta a non identificarci con i pensieri e a riconoscerli come mere produzioni mentali che hanno un inizio, una durata e una fine e che non sono reali: "Noi non siamo i nostri pensieri". La pratica di consapevolezza coltivata attraverso la Mindfulness ci insegna ad osservare i pensieri alla giusta distanza, a riconoscere le nostre proiezioni, il nostro coinvolgimento, la relazione tra pensiero ed emozione e ci consente, con l'allenamento, di modificare la relazione tra pensiero ed emozione, di modificare la nostra relazione con gli eventi stressanti, suggerendoci nuove modalità di risposta allo stress.

La nostra mente non è solo in grado di analizzare, valutare, pensare, ma è anche in grado di essere consapevole di quello che fa e quindi oltre a "pensare alle cose", siamo anche capaci di "essere consapevoli del fatto che stiamo pensando alle cose" e proprio coltivando questa consapevolezza attraverso le pratiche di mindfulness possiamo acquisire quei preziosi strumenti che ci aiutano ad interrompere il processo ruminativo che è alla base di tanti stati d'animo distruttivi per noi.


Noi siamo particolarmente vulnerabili a questo processo di ruminazione mentale soprattutto quando viviamo dei momenti di stress, di cui spesso neanche siamo troppo consapevoli, e allora inciampare in un cambiamento d'umore può scatenare la reazione a catena descritta sopra catapultandoci in un periodo prolungato di insoddisfazione e preoccupazione.
La Mindfulness ci facilita nel riconoscimento di questa dinamica e ci fornisce gli strumenti per contestualizzare gli eventi, i pensieri e le emozioni, sicché i vissuti emotivi temporanei e di per sé non problematici rimangono tali e non si trasformano in condizioni affettive persistenti e complicate: impariamo così ad interrompere questo circuito dannoso impedendogli di autoalimentarsi e di risucchiare le nostre risorse energetiche che invece vengono indirizzate a stabilire una nuova modalità di relazione con se stessi e con il mondo.