“Talvolta la sofferenza giunge attraverso l’attaccamento a un certo dolore emotivo o a fatti particolari; talvolta, attraverso il non-riconoscimento del vuoto, dell’evanescenza della vita, del fatto che nulla può essere definito come io o mio.Lo scopo della pratica è prestare attenzione al punto in cui c’è sofferenza, scorgere l’attaccamento e l’identificazione, e lasciarli andare......Ci sono due tipi di sofferenza: quella da cui scappi, che ti segue ovunque, e quella che affronti e sperimenti volontariamente, trovando così la libertà”
Jack Kornfield
Molte persone si rivolgono alla Mindfulness per imparare a comprendere e gestire la propria sofferenza. A volte si tratta di una sofferenza fisica, altre emotiva, altre ancora esistenziale. In alcuni casi neanche riusciamo a capire quale possa essere la causa di un simile disagio eppure avvertiamo la sofferenza in noi, la percepiamo come reale, concreta, presente.
Esiste una sofferenza che incontriamo naturalmente sulla nostra strada, come ad esempio quella dovuta ad una malattia, un lutto, un imprevisto grave....Ma esiste anche una sofferenza autoindotta, ovvero quella dovuta alla mancata accettazione e alla rabbia verso quella malattia, quel lutto, quell'imprevisto.
Per noi è naturale avere una reazione di rifiuto di fronte ad un evento sgradevole, qualsiasi esso sia, purtroppo però continuare ad attivare queste reazioni automatiche di avversione dinanzi a ciò che non ci piace, a ciò che non desideriamo, a ciò che evitiamo, paradossalmente ci allontana dal nostro benessere! Avere un atteggiamento curioso ed esplorativo nei confronti della sofferenza e del dolore invece ci consente di elaborare la nostra reazione , il senso che questa reazione ha per noi, dove porta, che conseguenze provoca nella nostra vita, quanto ci allontana o ci avvicina ad una condizione di maggior equilibrio, se la strada che stiamo perseguendo ha uno sbocco o se è invece un vicolo cieco.
Cambiare la relazione con il dolore attraverso la Mindfulness
Spesso la sofferenza nasce proprio dal fatto che si resiste a ciò che sta accadendo nella realtà: vorremmo che le cose fossero differenti da come si presentano davanti ai nostri occhi e questa discordanza, tra quello che desideriamo e quello che incontriamo nel mondo, non ci fa sentire a nostro agio. E allora ci troviamo a provare ostilità di fronte al disallineamento tra la realtà e il nostro ideale di realtà o al cambiamento, semplicemente perché ciò che muta sfugge al nostro bisogno di certezze;ci affanniamo a provare disappunto di fronte a ciò che non risponde alle nostre aspettative, come ad esempio davanti a un partner che ci delude,un risultato che non riusciamo a raggiungere, un limite fisico che non riusciamo a superare, un evento che chiamiamo sconfitta o fallimento....
I motivi di disagio psicologico possono essere veramente tanti e alcuni di questi riescono a minare profondamente il nostro equilibrio psico-fisico, a compromettere la fiducia nelle nostre risorse interne e la fiducia che possiamo lasciare andare, ogni tanto, senza accanirci nel raggiungimento ostinato di un risultato che nel frattempo, mentre siamo impegnati ciecamente a conseguirlo, potrebbe anche aver perso il significato che aveva originariamente per noi. E magari potremmo scoprire che questo risultato arriverà proprio quando saremo disposti a mollare la presa oppure non arriverà mai e, nonostante tutto, la nostra vita potrebbe andare avanti comunque serena e dignitosa.
I rischi della mente altrove
Spesso ci capita di pensare che saremo felici solamente quando riusciremo ad ottenere una certa cosa, quando un dato avvenimento si presenterà nella nostra vita: come ad esempio vivere in quella specifica città, in quella specifica casa, con quella specifica persona, con quello specifico stato di salute, con quello specifico stipendio....e allora rimaniamo in attesa che ciò accada e nel frattempo sospendiamo la nostra vita o non la valorizziamo adeguatamente perché, così come è, ci sembra incompleta, riduttiva o addirittura banale. Quindi non ci autorizziamo ad apprezzare ciò che c'è nel momento presente perché "non è abbastanza"! Il persistere di questa visione spesso può condurre ad un atteggiamento pervasivo di sconfitta, delusione e rabbia che, in alcuni casi, purtroppo costituisce un pericoloso terreno su cui possono innestarsi disturbi depressivi o disturbi d'ansia.
Non ci concediamo neanche un po' di presenza mentale nella nostra vita perché o preferiamo la realtà immaginata e agognata, oppure cediamo all'irresistibile impulso di paragonarci alle vite degli altri, alla ricerca di quei dettagli che magari fanno apparire la nostra migliore (così ci sentiamo meno sbagliati o invece peggiore (così ci creiamo altri obiettivi da raggiungere per rivalerci o ci rifugiamo in altri pretesti per lamentarci).
Dolore e sofferenza
Jon Kabat-Zinn definisce il “dolore” come “la realtà di quello che sta succedendo …....un ingrediente naturale delle esperienze della vita” mentre la “sofferenza” come quello stato mentale ed emotivo “determinato dal rapporto con quella realtà” e quindi una delle possibili risposte al dolore fisico o emotivo.
Resistere alle proprie esperienze per come esse si manifestano spontaneamente a noi, accresce notevolmente la propria sofferenza.
Sviluppare la consapevolezza di quel dolore e di quella sofferenza per mezzo della Mindfulness, ad esempio attraverso il Programma MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction ovvero il Metodo per la riduzione dello stress basato sulla consapevolezza) , ci permette di osservare che, a quel dolore che proviamo, si sovrappongono sempre pensieri e sentimenti diversi, correlati ad emozioni e sensazioni specifiche e allora quel dolore viene vissuto sia con il corpo che con la mente attraverso tensioni, contratture, irrigidimento a livello fisico oppure chiusura, diffidenza, pessimismo, rabbia, rassegnazione a livello mentale.....
Se, estendendo la nostra consapevolezza aperta e non giudicante verso quel dolore, entriamo in contatto con esso, già solo per un attimo, in un modo diverso dal solito, allora la nostra relazione con il dolore è in grado di cambiare e, se è in grado di cambiare, può prendere altre strade, assumere altre forme, creare un nuovo rapporto tra noi e quel dolore, modificare il dolore stesso.
Sperimentare questo cambiamento nell'esperienza stessa del dolore, ci apre le porte ad una maggior libertà di pensiero, di azione e di risposta di fronte alle difficoltà.