Incontrare le emozioni attraverso la Mindfulness

A volte il nostro rapporto con le emozioni non è sempre sereno o privo di conseguenze spiacevoli. Alcuni vissuti emotivi per noi sono troppo ingestibili e in questi casi può capitare di sentirci completamente risucchiati in un vortice all'interno del quale possiamo sperimentare confusione e impotenza. Questo può accadere con emozioni come la rabbia, la tristezza, la paura o anche con tutta quella costellazione di emozioni che accompagnano momenti di vita come l'innamoramento, la perdita, i grandi cambiamenti....

Risucchiati dalle emozioni

In questi momenti capita spesso di diventare un tutt'uno con l'emozione provata, ci identifichiamo completamente con questa e non riusciamo ad immaginare comportamenti alternativi a quello che mettiamo in atto perché quello stato d'animo ci travolge e non lascia spazio ad altre possibilità di risposta. E allora per esempio se proviamo rabbia, questa riesce a dominarci: noi diventiamo quella rabbia e non esiste nient'altro in quel momento, inoltre la rabbia può accompagnarci prima, durante e dopo l'evento che l'ha generata, occupando in modo ingombrante la nostra mente anche a causa della ruminazione, generando effetti poco salutari per il corpo che attiverà un certo tipo di risposte fisiologiche.

Capita frequentemente che il nostro malessere persista nel tempo perché la ruminazione, la fermentazione mentale riguardante quella particolare situazione o condizione emotiva, continua ad infestare la nostra mente, monopolizzando i nostri pensieri e dirottando le nostre riserve energetiche verso strade senza uscita, spesso favorendone la dispersione, la stagnazione o l'esaurimento, esercitando così un potere amplificatore ed enfatizzatore su una realtà che invece, se accolta e vissuta in modo maturo, avrebbe semplicemente un inizio, una durata e una fine.
Questo grande coinvolgimento che caratterizza spesso il nostro modo di vivere le emozioni, non ci consente di prendere le giuste distanze da quel vissuto o da quella situazione per noi problematica, sicché veniamo risucchiati dall'emozione anziché incontrarla in modo costruttivo ed evolutivo.

Lo stress dell'ipercoinvolgimento: alcuni studi medico-scientifici

Il potere assorbente che caratterizza questo modo di vivere le emozioni, comporta un grande stress al nostro organismo mente-corpo.
Numerose ricerche medico-scientifiche, soprattutto nell'ambito della medicina comportamentale, confermano che un coinvolgimento disfunzionale nei confronti degli eventi arreca inevitabilmente disagio e malessere.

In particolare citiamo, riprendendo un brano de "Il libro della gioia" tratto dalle conversazioni tra il Dalai Lama e Desmond Tutu, "... un noto studio secondo il quale l'uso costante della prima persona farebbe aumentare il rischio d' infarto. In una ricerca internazionale sulla malattia coronarica, Larry Scherwitz ha scoperto che chi dice più spesso "io", "me" e "mio" è più esposto al rischio di infarto, e con maggiori probabilità di esito fatale. Scherwitz ne ha dedotto, inoltre, che il cosiddetto "autocoinvolgimento" è un predittore del rischio di morte più attendibile del fumo, dell'ipercolesterolemia o dell'ipertensione arteriosa (L. Schervitz, 1983).
Uno studio più recente , condotto da Johannes Zimmerman, ha rivelato che le persone più propense a usare la prima persona singolare (i pronomi "io" e "me") sono più inclini alla depressione di coloro che usano più frequentemente la prima persona plurale (il pronome "noi"). E' una prova convincente del fatto che in realtà un egocentrismo eccessivo ci rende infelici." (J. Zimmermann,2016)

Questo atteggiamento mentale nei confronti delle situazioni spesso è alla base di quella proliferazione mentale che genera rimuginazione, attaccamento alle opinioni, pregiudizio, rigidità nei repertori comportamentali,accumulo di tensioni, compromissione nella capacità di valutare lucidamente e scegliere ciò che è sano e utile per noi in quel particolare momento di vita, chiusura e mancanza di fiducia verso le nostre potenzialità e verso gli altri più in generale nonché un grande senso di solitudine e la sensazione di sentirci inconmpresi.

 

I benefici dell'essere connessi con il mondo circostante: alcuni studi medico-scientifici

Di contro numerosi studi evidenziano come l'attitudine a dirigere la nostra attenzione verso gli altri, prendendocene cura in modo realmente interessato e compassionevole, contribuisca significativamente al nostro benessere e alla nostra longevità.

"Quando compiamo un gesto compassionevole, sembrano attivarsi gli stessi centri del piacere che si attivano quando pensiamo al cioccolato. Il senso di gratificazione che proviamo aiutando il prossimo deriva dal rilascio dell'ossitocina, lo stesso ormone che viene liberato dalle madri che allattano. Questo ormone produce effetti benefici per la salute, tra cui la riduzione dello stato infiammatorio nel sistema cardiovascolare. La compassione, dunque, fa letteralmente bene al cuore." (Il libro della gioia - Dalai Lama e Desmond Tutu, 2016)

La psicologa Sonja Lyubomirsky spiega che uno dei fattori più rilevanti in grado d'influenzare la nostra felicità consista proprio nella nostra capacità di essere in connessione col mondo circostante provando gratitudine e scegliendo di essere gentili e generosi con gli altri. (The how of happiness - Sonja Lyubomirsky, 2007)

 

Creare un rapporto equilibrato con le emozioni attraverso la Mindfulness

Nella vita di tutti i giorni può capitare di rapportarci alle emozioni in modo poco utile ed edificante per noi, tuttavia la soluzione non è quella di bandire le emozioni dalla nostra vita, quanto invece di cambiare la relazione con queste.
Quando noi portiamo consapevolezza e presenza mentale nel nostro modo di vivere le emozioni, riusciamo anche ad arrestare quell'intensità trascinante e quella proliferazione mentale che sono parte integrante della natura delle emozioni. Le pratiche di consapevolezza basate sulla mindfulness ci allenano a prendere una sana distanza da questa escalation emotiva contrastando il moto di chiusura, diffidenza e isolamento che essa spesso comporta.

Vivere le emozioni con una sana distanza non equivale alla "morte dei sensi" o all'anaffettività, anzi ci permette di entrare in relazione con l'emozione in modo più autentico e vivido, restituendo anche un senso profondo a quest'esperienza e aiutandoci a conoscerci ancora meglio: essere distanti non significa essere separati o disconnessi da noi e dalla realtà che ci sta intorno!

Anche un piccolo momento di consapevolezza è in grado d'interrompere questa incessante fermentazione mentale e quella breve interruzione, seppur momentanea, ha già il grande potere di contrastare la nostra umana tendenza a lasciarci risucchiare e, arrestando questo circolo vizioso, si genera un'alternativa, si rompe uno schema, si crea una nuova possibilità.

 

La Mindfulness promuove l'equlibrio emotivo

Coltivare la consapevolezza ci aiuta a raggiungere un maggior equilibrio psico-affettivo, una più solida autoregolazione emotiva e soprattutto a favorire una flessibilità di risposta che altrimenti è ostacolata dalla mancanza di lucidità e dall'ipercoinvolgimento attivati dall'emozione problematica: le pratiche di consapevolezza ci offrono la possibilità di elaborare strategie di gestione dello stress emotivo più sintonizzate con i nostri bisogni.
Inoltre attraverso le pratiche di Mindfulness in gruppo (MBSR – Mindfulness Based Stress Reduction) abbiamo l'opportunità di confrontarci anche con i vissuti e le esperienze degli altri partecipanti al gruppo, scoprendo come spesso le nostre paure, fragilità e reazioni siano esattamente le stesse incontrate dagli altri e come, insieme, il cammino interiore diventi sempre più ricco e produttivo.