"Ciò che l'informazione consuma è l'attenzione. Un eccesso d'informazioni significa una povertà d'attenzione".
Questa è una riflessione dello scienziato cognitivo Herbert Simon per denunciare come oggi l'essere umano si trovi immerso in un mondo così denso di distrazioni, messaggi, stimoli, notizie di ogni genere che è diventato veramente molto difficile riuscire a creare un po' di silenzio interiore per ascoltarci sul serio, nel raccoglimento, nella quiete, nella calma. Purtroppo l'era digitale, la diffusione capillare dei social, il velocissimo progresso tecnologico bersagliano in continuazione chiunque, con comunicazioni a volte utili, a volte superflue e altre volte fuorvianti. Questa sovrabbondanza d'informazioni richiede una mobilitazione costante della nostra attenzione, richiamata con apparente urgenza a focalizzarsi su qualche stimolo che, alla fine, non è urgente per niente! Quando noi sollecitiamo le nostre capacità attentive, entriamo in uno stato di tensione mentale che provoca un dispendio energetico: siamo sicuri d'indirizzare sempre in modo utile i nostri sforzi attentivi?

Attenzione ed evoluzione

Nel regno animale questo meccanismo è giustificato dall'istinto di sopravvivenza per cui gli altri animali focalizzano le loro energie fisiche e mentali verso ciò che costituisce realmente un'utilità per la loro potenzialità evolutiva. Gli esseri umani invece spesso trascorrono molto tempo in uno stato di tensione sia fisica che mentale per immergersi in una palude d'informazioni spesso accessorie, come ad esempio spulciare le vite altrui su Facebook, allestire la propria vetrina virtuale o curiosare in quelle degli altri, cliccare su pubblicità di prodotti che non servono realmente....tutte azioni che non hanno la funzione di creare benessere, anzi a volte nutrono il malessere già presente nella nostra vita favorendo la dispersione in un vorticoso mare di distrazioni.

Le cosiddette "distrazioni digitali" rischiano di essere molto disumanizzanti per le persone perché creano dei filtri tra noi e il mondo reale che ci appare sempre più distorto, opaco o ritoccato. Perdiamo quel senso di connessione e contatto con il mondo vero e questo scollamento minaccia la nostra capacità di sviluppare empatia e presenza autentica sicché l'unica connessione possibile rimane quella online! Purtroppo questo tipo di deriva è diventata ormai una norma sociale a cui ci si uniforma già da giovanissimi e questa decadenza costituisce un grande pericolo evolutivo per uno sviluppo armonico della razza umana.
Oltre a questi nefasti percorsi, prevalentemente digitali,che spesso scegliamo di imboccare volontariamente, a volte però siamo bombardati da tutta una serie di richieste d'attenzione a cui è difficile sottrarsi a causa dei frenetici ritmi lavorativi e familiari, dell'incombente macchina del sistema produttivo che chiede e divora e allora mentre siamo seduti ad una scrivania arrivano raffiche di email, telefonate del collega, chiamate del capo e tante altre sollecitazioni che producono stress.

Purtroppo questo modus vivendi è stato foraggiato, se non addirittura esaltato, dall'idea che per produrre bene bisogna essere "multitasking" e cioè riuscire a portare l'attenzione a più stimoli contemporaneamente, termine che non a caso è stato mutuato dai sistemi informatici che possono essere multiprocessuali ma il cervello umano non è un sistema operativo informatico e non gli si può chiedere di diventarlo!

Il multitasking come strategia poco utile

Due tra i più illustri studiosi di neuroscienze, Daniel Goleman e Richard Davidson, spiegano così il funzionamento e gli effetti di questa falsa credenza relativa al multitasking: "Una convincente ricerca condotta alla Stanford University ha però dimostrato che questa idea stessa è soltanto un mito: il cervello non fa multitasking, non svolge molte attività insieme, ma, piuttosto, si limita a passare rapidamente da un'attività (il mio lavoro) alle altre (i video divertenti, gli aggiornamenti degli amici, i messaggini urgenti....) e dopo ognuno di questi passaggi, quando l'attenzione ritorna al suo compito originale, la sua forza risulta sensibilmente diminuita: ci possono volere diversi minuti prima di tornare ad una piena concentrazione".

Purtroppo questa condotta ha effetti a cascata anche nella nostra vita quotidiana perché diventiamo progressivamente incapaci di individuare le informazioni realmente salienti e importanti per noi in quanto abbiamo difficoltà ad escludere il rumore e selezionare il materiale informativo con cui entriamo in contatto, infatti le persone che praticano il multitasking sono più soggette a distrazione e riportano maggiori problemi nei compiti di concentrazione su una singola attività.

I ricercatori della Stanford University hanno notato come i cervelli di questi soggetti tendano a mobilitare molte più aree di quelle che sarebbero effettivamente utili in quel particolare compito attentivo e ovviamente questo funzionamento comporta un grande consumo energetico. Inoltre, proprio a causa di questo atteggiamento, rischiano di compromettere anche la qualità del lavoro che stanno svolgendo. Proprio per questo motivo sempre più aziende mettono a disposizione dei loro dipendenti i programmi MBSR (programma per la riduzione dello stress basato sulle pratiche di consapevolezza) e propongono contesti in cui praticare la meditazione: un dipendente concentrato e capace di gestire lo stress, gode di maggior benessere e rende meglio!

Mindfulness ed esercizio delle abilità attentive

Oggi i percorsi di crescita personale che puntano a ristabilire l'equilibrio psicofisico tramite il recupero delle nostre abilità attentive come la Mindfulness, appaiono quasi una controtendenza in un mondo così improntato alla fretta,alla produttività e al consumo ma spesso sono l'unica strada per riconnetterci alle nostre preziose abilità tanto umane quanto innate come la presenza mentale, l'empatia, la sintonizzazione e ristabilire armonia in un organismo mente-corpo spesso disorientato e confuso a causa di un mondo che diventa sempre più complesso. La pratica meditativa improntata sulla mindfulness guida le persone ad attivare soprattutto alcune aree cerebrali deputate all'empatia e alla sintonizzazione, potenziando un funzionamento neuronale che sostiene l'equilibrio psicoaffettivo, la molteplicità di prospettive, la creatività, la sincronizzazione cerebrale, la gestione delle emozioni e tutta una serie di funzioni che possono essere sviluppate e consolidate con l'allenamento.